LA CITTA’ EXPOSTA

8 ottobre 2015 – 20 gennaio 2016 a cura di A. Redaelli

L’Esposizione Universale del 2015 è stata un’esperienza organizzata attorno ai principi cardine della tolleranza e della differenza. Questo avvenimento ha modificato sensibilmente i modi di pensare l’opera dell’uomo in rapporto a un sistema ecosostenibile di relazioni socio-culturali.
Un gruppo di pittori e scultori, qualificati per esperienza e sensibilità artistiche internazionali, è stato chiamato ad interrogarsi sugli scenari possibili del dopo EXPO. Ne è nata una mostra dai caratteri fortemente connotativi, incentrata sui temi futuribili delle contraddizioni aperte, dell’accesso diseguale e delle grammatiche di condivisione. La sua lettura d’insieme, aperta alla ricerca rigenerativa, ha fatto del molteplice l’aggiunta indeterminata a un capitale di risorse oggettivato in un corpo di immagini; un progetto che giustifica la creazione originale dell’opera d’arte e trasforma il reale a partire dalle risposte che la voce della coscienza artistica è chiamata a restituire nella costruzione valoriale del mondo.
Lorenzo Valentino

Degustazione di prodotti tipici salentini a cura dall’azienda Salento cuore sapore

 

 

 Milano il giorno dopo. E’ questo il senso di una mostra che apre le porte proprio mentre stanno per spegnersi le luci su Expo e su tutto quello che l’evento ha significato per la metropoli.
Sedici artisti si interrogano su ciò che verrà dopo: dopo la folla sciamante per la città, dopo la sensazione inebriante di trovarsi esattamente al centro del mondo. Quello che ne esce è un quadro intenso e vagamente malinconico, un canto a più voci pervaso di nostalgia. Ecco i grattacieli di Cestari, partiture di finestre soffocate da una nebbia densa, la Torre Velasca di Buratti, come una sentinella davanti a un cielo grumoso, quasi solido, e poi una Porta Nuova abbandonata e dimenticata, resa da Previtali come un relitto. Ecco la Milano di Lombardi, gioco di silenziose geometrie di sapore sironiano, e quella notturna e infuocata di Si-Young. E mentre Bacter narra in toni fumettistici un cupo futuro, Lo Presti ci regala l’immagine nitida e struggente di uno scorcio specchiato in una pozzanghera. E ancora la folla di Satta, alla disperata ricerca di qualcosa che non raggiungerà mai, e quella di Di Marzio, marea montante stagliata su un cielo minaccioso; lo stesso cielo che nel lavoro di Faini e di Quinzi sembra invadere tutto lo spazio. Se nella scultura di Lodigiani l’uomo pare volersi riappropriare degli spazi della città, Riva della città fa rovine, in un teatrino di sapore antico. La speranza è affidata a poche voci: quella di Chiesi, che tenta una redenzione, trovando affinità tra il progetto architettonico e la purezza della natura, quella di Trecchi, il cui cantiere, illuminato da una luce pulitissima, parla di un futuro tutto da ripensare, e quella di Martinez, dove la speranza in un domani migliore prende la forma di un bambino, che vola in bicicletta sopra i tetti della città.

Alessandra Redaelli