Ko Am

Intersezioni. La Corea dentro Milano

Dall’olio su tela alla ceramica. Dalla pittura alla fotografia, alle installazioni, fino ai modellini di scenografie. Intersezioni si presenta come una sintesi dell’attuale panorama artistico, riletta e interpretata, però, attraverso gli occhi di una delle comunità straniere più profondamente radicate nel territorio milanese. Quella coreana. Continua così il discorso su Milano cominciato dalla galleria con la mostra Milano da vedere. E l’idea ­ inedita quanto geniale ­ è quella di affidare questo capitolo a ventisei artisti che sebbene vivano e lavorino da anni nella metropoli, sebbene per la maggior parte abbiano studiato all’Accademia di Brera, mantengono sottopelle come una sorta di sottile nostalgia della loro terra. Il risultato è un variegato e piacevolissimo fondersi di tendenze contemporanee e suggestioni orientali, di antichi riti asiatici e di moderna frenesia metropolitana. Può accadere così che accanto alle spatolate e ai graffi di Lee Seo Ryeung, emotivo e gestuale, si trovino le eleganti ciotole piene di riso di Hwang In Sun, ricordi di vita domestica orientale, ma reiterati in un’ottica decisamente pop. Oppure può accadere di incontrare l’Urlo di Munch per poi rendersi conto che non è più l’Urlo di Munch, perché la deformazione di quel viso è stata portata da Kim Yang Ye alle estreme conseguenze, con il risultato di raggelare quel grido nella parodia di se stesso, creando una distanza ironica dall’angoscia inappellabile dell’originale. Ma può anche accadere di imbattersi in una serie di piastrelle trasparenti ordinatamente impilate una sull’altra con un piccolo scarto di posizione tale da creare un minimo movimento e scoprire così che oltre ad essere un evidente omaggio all’astrattismo geometrico, questa scultura di Jung Ho Jin ricorda molto da vicino le lanterne fatte con la carta di riso. Oppure, ancora, si può scoprire che se Kim Soo Mi non riesce a rinunciare a un astrattismo lirico fatto di colori puri ­ neri e rossi ­ legati da fili che sembrano celare una scrittura ideografica, Ko Am ha appreso, elaborato e fatto suo il linguaggio della più nuova generazione figurativa italiana. E così racconta Milano in scorci dominati dai grigi dell’asfalto, degli edifici, di un cielo che ha perso tutte le sue naturali sfumature per diventare lastra monocromatica, improvvisamente risvegliato dall’arancione squillante di un tram.

Alessandra Redaelli