LA CALENDA MILANESE

 

Collettiva maggio 16 x sito

La mostra vuole indagare la metropoli lombarda nella sua complessità attraverso la visione critica di personalità artistiche che hanno subito il fascino della sua bellezza, che ne abitano la dimensione autentica oltre che personale, rappresentandone, con sensibilità estremamente realistica, le ansie, le ambizioni nascoste e le sue forme caotiche.

La pennellata di Francesco Stile come un bisturi penetra la realtà regalandoci un terzo occhio, capace di guardare dentro le cose, di udirne il respiro segreto, siano esse agrumi spaccati di cui si potrebbe giurare di avvertire il profumo persistente o anche bicchieri, sulle cui curve cristalline la luce gioca come dita su una tastiera, creando una sinfonia di riflessi. In questo spazio di quotidiana irrealtà, abbagliate da una luce potente che ne incide le forme, le nature morte diventano icone metafisiche, archetipi di una bellezza fatta di perfette imperfezioni.

I tratti inconfondibili di Falsini, una pioggia di sciabolate  veloci e decise, quasi impressioniste, raccontano il cielo greve,  giallo di polveri sottili, le facciate ingrigite dei palazzi di città, lo sfregio incongruente dei pannelli pubblicitari luminosi e le facce della gente, affaticate, distanti. I suoi ritratti di famiglia poi –  gruppi di nonni e nipoti con il sorriso rigido e lo sguardo fisso dentro l’obiettivo – incantano per la spietata resa psicologica.

Monica Anselmi lavora per aggiunte e sottrazioni. I suoi quadri  rispecchiano la vicenda emotiva di uno spirito ricco e inquieto,  affascinante e contraddittorio, mai definitivamente appagato e in  costante lotta con se stesso. Sono opere sofferte, da guardare  lentamente e da conquistare palmo a palmo, sulle quali si incontrano –  e si scontrano – elementi pop e suggestioni dal Nouveau Réalisme,  icone classiche e gesti rubati al graffitismo metropolitano, immagini  di realismo fotografico e abbozzi incerti, volutamente non finiti. La figura femminile emerge come un’icona dalla bellezza spesso graffiata,  o negata da un improvviso colpo di pennello, quasi a simboleggiare una  femminilità in bilico – proprio come sta accadendo oggi – tra  emancipazione e tragico ritorno al ruolo di bambola senza dignità.

I lavori di Si-Young esplorano i moti dell’animo umano con un’accuratezza che non scade mai nell’iperrealismo fotografico ma si stempera in vibrazioni luminose di suggestione impressionista. La realtà è disallontanata da un vetro appannato posto tra lo spettatore e la scena raffigurata sulla superficie flettente del quadro. Un effetto visivo estremamente realistico che l’artista ottiene ricoprendo la tela con una leggera patina di acrilico bianco diluito in acqua che si rapprende in piccole gocce. E’ il lato onirico, emotivo, gestuale al quale l’artista non rinuncia. Un diaframma tra se e lo spettatore che riproduce la distanza tra mondi d’esperienza diversi ma congiunti da un’umanità culturalmente orientata alla condivisione di valori comuni.

La Milano raffigurata nelle tele di Marina Previtali non è quella glamour dei caffè del centro o delle vetrine scintillanti ma una città più quotidiana presentata attraverso un gioco di chiaroscuri, intervallato da righe di colore, di tralicci e ponteggi dei cantieri, che sembrano colare sulle facciate dei palazzi in costruzione. Marina, attraverso le sue opere, sembra fare una dichiarazione d’amore alla sua città, mostrandoci con sentimento ottimistico la crescita metropolitana a cui il capoluogo lombardo si prepara in vista dell’Expo 2015. Sulle tele si stagliano le nuove e imponenti costruzioni, le nuove aree delle Varesine e Porta Nuova incorniciate dai cantieri illuminati da caldi tramonti e i luoghi ricchi di storia; il Pirellone e la Torre Velasca perno di un equilibrio ritrovato all’interno del caos cittadino. Il tutto è raccontato con l’uso di una pennellata pastosa, corposa e vibrante con la quale si costruiscono inquadrature taglienti che si spingono fino a evidenziare la profonda spiritualità che questi giganti di cemento, vetro e acciaio esprimono nella loro oggettiva rappresentazione.

Lo Presti ama rappresentare il reale con rigore apollineo, di lucida connotazione fotografica, evidenziando caratteri e sensazioni nascoste sotto la superficie parlante del corpo metropolitano. Recupera la dimensione di quotidianità e la proietta in una sfera più profonda, i cui drammi sono evidenziati da una morbosa attenzione ai dettagli. Sposta la rappresentazione dal campo del racconto psicologico ad una sfera di surreale concettualità.